Svolta della Cassazione: niente risarcimento al condomino ipersensibile

Svolta della Cassazione: niente risarcimento al condomino ipersensibile
10 Marzo 2017: Svolta della Cassazione: niente risarcimento al condomino ipersensibile 10 Marzo 2017

Per Cass. Civ. n. 661/2017 quando le immissioni rumorose (lo scorrere dell’acqua nei sanitari, le emissioni acustiche provenienti dal televisore o dalle persone presenti nell’appartamento adiacente) vengono percepite da soggetti con “caratteristiche della personalità ossessivo-compulsiva per una certa difficoltà nella gestione dei conflitti, degli affetti e delle emozioni” va escluso il risarcimento del danno.

 IL CASO. Protagonisti della vicenda madre e figlio, comproprietari di un appartamento, i quali avevano convenuto in giudizio il Condominio per veder risarciti i danni da loro patiti a causa delle immissioni rumorose provenienti dall’appartamento adiacente (lo scorrere dell’acqua nei sanitari, le emissioni acustiche provenienti dal televisore e dalle persone ivi presenti). Dopo aver ottenuto dal Tribunale di Milano il risarcimento dei danni, i due si erano poi visti riformare questa decisione dalla Corte d’Appello e condannare alla restituzione delle somme liquidate in primo grado, perché dalle risultanze processuali era emerso che essi, “pur non essendo soggetti psicotici o affetti da altre malattie diagnosticabili secondo la nosografia psichiatrica”, erano “individui dalla personalità disturbata, con difficoltà nelle relazioni interpersonali che sono la causa di una reazione abnorme a modeste sollecitazioni disturbanti, … e non certo l’effetto di questi fattori ambientali”. Madre e figlio avevano, dunque, promosso ricorso per cassazione, lamentando in particolare come il Giudice di secondo grado avesse erroneamente ritenuto che le patologie di origine nervosa da cui erano affetti escludessero il nesso causale tra le immissioni sonore ed il danno subito, né aveva considerato che “le immissioni moleste generano comunque gli estremi di un’attività vietata”. La Cassazione ha rigettato il ricorso.

LA SENTENZA. La Cassazione ha premesso che, alla luce del principio della “ragione più liquida”, l’“evidente esito decisorio, nel senso … della infondatezza del ricorso” consentiva di “accantonare l’esame dell’eccezione, pur pregiudiziale in ordine logico, di improcedibilità del ricorso”, sollevata dal Pubblico ministero. La Corte ha così inteso evidenziare l’importanza della questione sottoposta al suo scrutinio, che conduceva ad un sovvertimento della regola iuris precedentemente applicata ai casi simili. Quest’ultima può essere sintetizzata nell’assunto per cui, una volta accertato che le immissioni superano la soglia della “normale tollerabilità” di cui all’art. 844 c.c., il relativo danno non patrimoniale risulta in re ipsa, è cioè insito nella molestia e non dev’essere pertanto provato.

La Corte ha precisato che detta regola non trova applicazione se a lamentare il danno è una persona “piuttosto vigile ed attenta all’ambiente”, che vive le situazioni “come pericolose o potenzialmente dannose” e per cui “la percezione del mondo tende ad assumere facilmente una coloritura persecutoria” (come la madre) o un “soggetto ipervigilante, vale a dire … una persona che investe molta energia per mantenere vivo un continuo stato di allerta. Tali persone sono vulnerabili e di conseguenza sono sempre sulla difensiva, pronte a controbattere a un attacco. Non hanno fiducia negli altri, non sentono il bisogno di vicinanza e per questo evitano di instaurare relazioni intime e profonde con altre persone” (come il figlio). La sentenza ha affermato che, in questo contesto, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’esistenza di un nesso causale tra le lamentate immissioni rumorose ed il malessere ansioso-depressivo, rilevando che “quel malessere non è l’effetto dei fattori ambientali, quanto piuttosto da ricollegare al fatto che gli attori sono … individui dalla personalità disturbata, con difficoltà nelle relazioni interpersonali che sono la causa di una reazione abnorme a modeste sollecitazioni disturbanti”. Per la Cassazione, quindi, madre e figlio non potevano ravvisare nelle immissioni rumorose provenienti dall’appartamento adiacente la causa dei fastidi lamentati, in quanto unicamente dovuti alla loro … ipersensibilità.

 

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